Prima del film di Giampaolo Brex Sofia: "La Cacca Rosa"




Prima proiezione ufficiale de "La Cacca Rosa", film evento, completamente indipendente ed autoprodotto, di Giampaolo Brex Sofia, con la partecipazione di Ezio Scandurra  nelle vesti di costruttore, manipolatore ed attore.


25 maggio ore 22:30 al cinema multisala KING, Via Antonio De Curtis, 14 - Catania. 


 Il Traiiler ufficiale:
http://www.youtube.com/watch?v=oK3uURtNLz0


Di seguito un'intervista al regista  Gianpaolo Brex Sofia
di Marina Guerrisi


1. Il tuo film è un prodotto SETA Q, laboratorio di video arte ideato da te. Qual è l’obiettivo del progetto?
Il progetto SETA Q non si limita esclusivamente alla video arte ma alla convergenza di più arti, puntate di volta in volta su un obiettivo. Inoltre, tra i sostenitori, vige la regola del baratto di competenze. Tutto con la finalità di non vanificare i progetti dei singoli che senza il mutuo soccorso di SETA Q abortirebbero.


2. Il film è una denuncia ma anche un pretesto per sperimentare tecniche di montaggio e interventi prettamente grafici. Come sei riuscito a coniugare entrambi i risvolti?
La natura del film è sperimentale. La sperimentazione è un fallimento se non raggiunge gli obbiettivi prefissati. Credo di non peccare di presunzione dicendo che con “la cacca rosa” i risultati sono pervenuti. Il primo era quello di realizzarlo a budget zero, incentrandolo su un montaggio ultra frenetico e sulla post-produzione. Il secondo era quello di sovrapporre elementi grafici di esclusiva competenza del web come banner e gif animate, in un ambito sin ora non loro come quello di un film. Il risultato alchemico è quello di un audio-visivo altamente sinestetico, psichedelico e surrealista. Il tutto senza penalizzare la fluidità narrativa e la denuncia di alcune caratteristiche della società italiana e della sua leadership politico-culturale.


3.Quali sono le tue maggiori influenze cinematografiche?
Tra i cineasti che mi hanno nutrito e arricchito, ne annovero svariati.  Sicuramente, ritengo a me più affini nomi come Terry Gilliam, Luis Bunuel, Nobuhiko Obayashi, Quentin Tarantino e i fratelli Coen.


4. Il sogno e la realtà sono due dimensioni nel film fortemente intrecciate. Che rapporto crei tra le due e in che modo le vivi?
Una prerogativa dei miei lavori filmici è quella di immergere il tutto (alla prima occasione utile) in un’atmosfera onirica. Per che ciò accada, uso vari espedienti, magia, veri sogni, ec. ec. Ma, il mio metodo preferito è l’uso di allucinogeni nei personaggi. L’assunzione di droghe è il miglior viatico per predisporre lo spettatore più restio e pragmatico alla accettazione delle visioni onirico-surreali. A tal riguardo, ho trovato in “acid-movie” il mio personale neologismo per definire i miei lavori. Per entrare nel cuore della domanda… in tutte le mie attività artistiche, attuo opera di mistificazione.  Non per disprezzo della realtà, sia ben chiaro! Ma per marcare l’importanza dei punti di vista, e con inevitabile atteggiamento ludico. Se cercate un documentarista obbiettivo, non sono il regista che fa per voi. 


5. L’antidoto (il talismano) che cambia la vita, passando da una mano all’altra è l’elemento cruciale. Scelta narrativa o puro ottimismo?
Un po’ l’una un po’ l’altro. Un film (come la maggior parte delle opere artistiche) mette lo spettatore in una situazione mentale di incondizionata accettazione. Quindi, contestualizzandolo nel periodo storico in cui avvengono i fatti, mi proposi di creare una favoletta ottimistica ucronica, sulla scia di film come “ritorno al futuro” o “bastardi senza gloria”. L’idea della storia mi venne durante l’ennesima visione del film “l’esorciccio” dove un pendente diabolico passava di mano in mano, creando situazioni esilaranti.  Ritengo che lasciarsi cullare per un’ora e mezza dall’idea che possa esistere un talismano con tali poteri, sia un piccolo (anche se illusorio) contributo taumaturgico.


6. I tuoi personaggi sembrano non chiedere alcun giudizio morale. Sembrano sostare bruti e manchevoli sul corso degli eventi.
L’essenza dei personaggi è quella bidimensionale fumettistica, ma nel contempo neorealista. Non devono creare immedesimazione, bensì stereotipi funzionali al caleidoscopico contesto. Colgo l’occasione per ricordare che gli attori sono in maggioranza: musicisti, grafici, fumettisti, ec. ec. Insomma, artisti locali (in alcuni casi correlati alla produzione di audiovisivi) alla prima esperienza recitativa, tranne un paio. Inoltre, molti di loro, anche tra i fondatori del progetto creativo “SETA Q”. Grande è l’apporto di Premananda Das come direttore della fotografia, la supervisone di Maxtrager, le sculture animate di Ezio Scandurra , la direzione di produzione di Melinda Viccica, le scenografie di Alessandra Garofalo, le prestazioni attoriali di: Alessia Maggio, Giancarlo Cutrona, Ence Fedele, Alessandra Castronuovo, Joseph Ampere Leonardi, Fabio Nicotra, Emiliano Cinquerrui, Sebastiano La Monaca, Giuseppe Iacobaci, Melina Russo e la colonna sonora da parte di SITOBETA, GATTANERA, H.C.-B., SMOKE ON TV, LONG HAIR IN THREE STAGES, QUANTUM K155.


7. “La cacca rosa”, titolo del film: spunto surrealista, pop art o ironia di contrasto?
Il titolo “La cacca rosa” (oltre a far riferimento ad una scena specifica del film) non è altro che un paradosso sinestetico, atto a provocare una attrazione-repulsone, infusa in una espressione di natura sloganistica basica. In altre parole, una frase che una volta percepita sarà impossibile dimenticare.

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