Giulia Sarno, non solo.."unePassante"

                                                        di Tiffany Greco



Credo che per essere una grande artista bisogna anche essere una grande persona e Giulia Sarno mi ha dato proprio l’impressione di esserlo, intelligente, sveglia e con i piedi per terra. Il suo progetto “unePassante” nasce nel 2006, per caso, dall’ispirazione di Giulia che ad un certo punto decide di sviluppare insieme ad altri le canzoni nate nella solitudine della sua stanza di Palermo. Così prende forma il gruppo che darà vita ad un sound e uno stile davvero accattivante e intrigante. Il primo album  “More Than One In Number” esce a gennaio del 2010, seguito da un tour  e da partecipazioni entusiasmanti, in vari festival  e manifestazioni, per unePassante: Salone del Libro di Torino, ospite di Radio Rai Tre, due tour come opening act del singer-songwriter statunitense Micah P. Hinson (Ferrara Sotto Le Stelle, Verona Folk Festival, sPAZIALE Festival, Circolo degli Artisti, Bronson, Salumeria della Musica, Teatro Remondini). Dell’album, che dire, è un bel collage di generi suonati e amalgamati davvero bene; folk, pop, rock, chanson, e tanto altro. Sarebbe difficile e anche un gran peccato voler etichettare la musica di unepassante, è un flusso continuo, variegato, che da ogni volta una nuova prospettiva e delle nuove emozioni...non vi resta che ascoltarla!!

-Giulia Sarno in arte “unePassante”. Come mai la scelta di questo nome?
"Il nome viene da una poesia di Baudelaire, che si intitola appunto “A Une Passante”. È una poesia a cui sono molto legata, da tanto tempo. L'ho scelta come testo per una delle prime canzoni che ho scritto, traducendola dal francese all'inglese. Quando ho pubblicato le mie prime registrazioni casalinghe su MySpace, c'era da scegliere il nome per il profilo, quindi un nome d'arte, e mi è subito balzato alla mente unePassante." 

-Come nasce il progetto “unePassante”?
"UnePassante è nato quasi per gioco, un pomeriggio, nella casa dei miei genitori a Palermo. Senza pretesa alcuna, ho imbracciato la chitarra e mi sono messa a strimpellare. In un pomeriggio ho scritto e registrato quattro canzoni. Ci ho lavorato su, ne ho scritte delle altre, e dopo qualche mese le ho pubblicate su MySpace. Per caso sono state ascoltate da un mio amico di università, Gianmaria Ciabattari, il quale mi ha proposto di lavorarci insieme per vedere cosa ne veniva fuori. Da lì è stata tutta un'escalation di avvenimenti che hanno portato quel gioco a diventare la mia vita."


- Dopo l’ EP intitolato Enjoy The Road, arriva More Than One In Number, il primo cd: come lo presenteresti?
"More Than One In Number è, come suggerisce il titolo stesso, un calderone di elementi disparati e di personalità musicali che ruotano attorno alle mie canzoni. Nelle 12 tracce che lo compongono trovano spazio generi molto diversi tra loro: non ci siamo posti limiti e abbiamo lavorato con molta sfrenatezza, direi, arginata appena da quel tanto di programmazione che è servita a non farci impazzire. Recentemente mi è stato detto che il mio è un disco che riserva nuove sorprese ad ogni ascolto. È un commento che mi ha fatto molto piacere: credo che More Than One In Number  sia un disco da ascoltare più volte e con attenzione, che magari non arriva immediatamente perché è slegato da qualsiasi moda musicale, ma che si fa apprezzare da chi la musica la vive, e non la consuma con leggerezza."

- Sei autrice di ogni tuo brano, e per quanto riguarda gli arrangiamenti? Vengono usati  archi, fiati, kazoo africano, pianoforte, organo, Hammond…
"Gli arrangiamenti sono un'operazione collettiva, che svolgo insieme ai musicisti che fanno parte di questa specie di famiglia che è unePassante. Una famiglia allargata, che comprende, oltre alla band (oggi in parte diversa da quella che ha registrato il disco), anche il nostro produttore Gianmaria Ciabattari (titolare di Annathegranny Records) e l'arrangiatore/compositore Gianluca Cangemi, che si è occupato in particolare delle parti orchestrali del disco. In più, ogni musicista coinvolto nel disco – e sono davvero tanti – ha avuto la massima libertà di proporre una propria visione del pezzo: quello che mi interessa in primo luogo nel lavorare con altri musicisti è proprio la loro visione musicale, il portato artistico che iniettano nelle mie canzoni, e non la loro abilità di strumentisti, ad esempio."

-Alla fine del pezzo Lampshade ti sentiamo anche canticchiare sotto la doccia, mentre lavi i denti e asciughi i capelli… una cosa molto particolare e inusuale…
"Sì, quella è stata una mia idea. Pensa che ho portato questa lunga registrazione direttamente al mastering, rischiando di incorrere nelle ire di Gianmaria e degli altri... Ma per fortuna hanno tutti apprezzato, o accettato, questa mia scelta. Volevo qualcosa che riempisse il silenzio tra l'ultima traccia e le ghost track, qualcosa che riportasse l'attenzione su quello che succede fuori dal regno della produzione di un disco, fuori  dallo studio. Alla fine di Lampshade si sente sbattere una porta, che è effettivamente la porta della sala di registrazione del Larione 10 (lo studio dove abbiamo prodotto il disco), e da lì si entra in una dimensione diversa, privata. D'altronde mi sembra che l'arte contemporanea sia, nella sua essenza, il privato che si fa pubblico, ed è su questo che ho voluto giocare."

-Mi è piaciuta molto la copertina del disco, sembra una carta da parati sbiadita: da chi è disegnata e perché l’hai scelta?
"Il progetto grafico è di Benedetta Ciabattari. Abbiamo sviluppato insieme questa idea, volendo proprio richiamare alla mente una tappezzeria, cercando anche, con la scelta del cartoncino riciclato, di suggerire una certa matericità. È un oggetto da toccare, da sentire anche con le mani e con gli occhi, se vuoi. Credo che, se vogliamo continuare a stampare e distribuire i dischi in formato fisico, dobbiamo lavorare sull'oggetto disco con molta più attenzione, ricordandoci che il packaging può e dovrebbe essere parte dell'opera artistica che si propone. La digitalizzazione crescente mi sembra stia avendo l'effetto di far sforzare di più i musicisti in questa direzione."

-Hai partecipato anche alla Fiera Internazionale del Libro, ospite di Radio 3, com’è stata questa esperienza?
"In una parola, incredibile. Io sono una fan accanita di Radio 3, e di Fahrenheit in particolare, quindi immagina la mia emozione in quell'occasione. Mi sono fatta anche una foto con Marino Sinibaldi in cui ho uno sguardo da bambina fatta di anfetamina, con gli occhi sbarrati dalla contentezza. A parte questo, è stato un pomeriggio intenso, emozionante e anche impegnativo: già i tempi di Radio Rai sono difficili da sostenere, tutto che deve incastrarsi alla perfezione... Immagina in un grande evento come il Salone del Libro! Ringrazierò sempre Valerio Corzani per avermi dato questa opportunità."

-Questa è più che altro una mia domanda personale, hai presentato la  tesi di laurea dal titolo “Poesia e canzone: storia di una mutazione culturale”. Come mai questo tema? E che rapporto hai tu con la poesia? ( inevitabile non far caso a qualche riferimento a Baudeleire, tant’è che che il brano A une passante è cantato (in inglese) utilizzando il testo dell’omonima poesia del poeta francese).
"Questa tesi ha rappresentato un momento di transizione fondamentale nella mia vita. Prima di decidere di dedicarmi alla musica, studiavo lettere moderne con la ferma intenzione di diventare  critica letteraria. Scegliere di approfondire la relazione tra poesia e canzone, o meglio tra poesia e popular music, è stato un modo di conciliare le mie due passioni, prima di passare (definitivamente?) alla musica. Non escludo, e anzi ci penso spesso, di tornare a lavorare sull'argomento, che trovo fertilissimo e troppo spesso banalizzato. Mi viene l'orticaria ogni volta che sento dire frasi come “De Andrè era un poeta”, perché, senza voler assolutamente sminuire l'opera di De Andrè, è semplicemente un'idiozia. Non credo che ci sia spazio qui per approfondire questa discussione, e probabilmente con questa frase mi sarò attirata le antipatie di chiunque leggerà questa intervista... Un giorno sistemerò la mia tesi e la pubblicherò sul sito di unePassante."

-Come sei cresciuta musicalmente? Quali gruppi, se ce ne sono in particolare, ti hanno influenzata?

"Ho assorbito molta musica durante l'infanzia, avendo due fratelli più grandi entrambi melomani e un padre appassionato di cantautorato italiano e di Beatles. I miei primi grandi amori sono stati Bjork e i Radiohead, che mi hanno accompagnato nel passaggio dall'adolescenza all'età adulta. Più di recente invece la mia crescita musicale è stata segnata dalla scoperta di Robert Wyatt, di Scott Walker, ma anche di autori più giovani come Sufjan Stevens e Andrew Bird."

-Palermitana di origine, hai vissuto negli ultimi anni tra la Toscana, Parigi, per citare alcuni posti… cosa porta Giulia Sarno dentro di sé di ogni posto con cui è entrata in contatto?
"Tante cose. Relazioni, in primo luogo. Incontri, persone che si innestano nella mia vita anche per breve tempo, e che lasciano una traccia. E poi una immagine del futuro. Voglio dire, in ogni posto in cui ho vissuto ho immaginato un futuro, e queste immagini di me, che non si sono realizzate, in qualche modo le porto dentro, convivono con l'immagine attuale, dandole profondità, sfaccettandola."

-Progetti a breve termine? Nuovi pezzi già in cantiere? Insomma, dove vuole arrivare Giulia Sarno?
"A breve termine, una bella vacanza! Abbiamo girato tantissimo dall'uscita del disco fino ad ora, e adesso abbiamo bisogno di raccogliere le forze, prima di ritrovarci in autunno per iniziare a lavorare al secondo LP. Il nucleo creativo di unePassante ad oggi è formato da me, il contrabbassista Michele Staino ed Emanuele Fiordellisi, batterista che in unePassante si dedica alle percussioni elettroniche e all'elettronica in generale. Abbiamo già un buon numero di pezzi su cui abbiamo iniziato a ragionare, e siamo molto ansiosi di concentrarci sugli arrangiamenti. Sul “dove vuole arrivare Giulia Sarno” avrei pronta una lunga serie di risposte mostruosamente arroganti, tra cui non saprei proprio scegliere!"

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