Club Privè: IO vs...

                                                             di Claudio "Spleen" Purrometo

Quando ascoltai per la prima volta gli IO al Destruction festival mi colpirono parecchio. Nonostante li avessi ascoltati con l’attenzione di chi ha altri cazzi per la testa. Così quando mi è stato proposto di scrivere per questa webzine fu quasi naturale pensare “ok, ora mi sparo un pezzo sugli  Io”. Li contatto e chiedo di poter assistere alle loro prove. Non volevo parlare di un loro live ma di un pomeriggio dentro la loro “casa”, tra i loro strumenti, gli amplificatori, i mozziconi di sigarette, le macchine da spostare, gli scazzi per i ritardi. E, ovviamente, la loro musica,  pregna di idee... E di sfide.
Post-rock - Indie, queste le parole chiave. Ma sono parole che ormai da tempo hanno perso un significato ben preciso, come dire tutto e dire niente. E gli IO lo confermano. Sfidando i generi e le definizioni stesse, cercando di unire le influenze di ognuno dei componenti che vanno dal post-rock appunto al metal, passando per il punk di matrice Fugazi. Gli arpeggi alla Massimo Volume. I Porcupine Tree sicuramente, come tengono a precisare... E, perché no, il free jazz. 
Ma queste sono solo definizioni, diciamo una maniera forse un po’ superficiale di descrivere gli Io. Definizioni in cui loro entrano e che loro stessi smontano con idee piuttosto chiare. A partire dal fatto che "Io" non è un gruppo, al massimo un progetto. Ma più correttamente un’entità unica. Da qui si spiega il nome stesso, un’entità che, come loro stessi dicono, non potrebbe esistere senza ognuno di loro. A quel punto mi viene una citazione per sintetizzare il concetto e che viene accolta con piacere e consapevolezza. “Mai più Joy Division senza un Joy Division.” 
Dopo un po’ di cazzeggio e soprattutto dopo l’arrivo, finalmente, di Simone, i quattro cominciano a suonare. I quattro, per dovere di cronaca, sono Simone Brullo alla chitarra, Gaetano Scribano all’altra chitarra, Daniele Giallo al basso e Giulio Cascone alla batteria. Niente voce.
Dopo meno di mezzo minuto io sono già dentro la loro musica, ma il minuto successivo c'è da spostare le macchine perché il padrone di casa deve uscire… Il pezzo viene interrotto e per me ascoltatore ha l’effetto come di un sonnambulo svegliato bruscamente o di un orgasmo mancato. Ma una volta ricominciata la musica non è difficile rientrarci. E in poco tempo ti trovi una base ritmica che ti lega ad una sedia e degli intrecci di chitarra a darti fuoco. Dinamiche che cambiano così repentinamente da stupire fino allo stordimento. 
Tra un pezzo e un altro, poi, si parla del progetto in se. I ragazzi sono contenti che io sia là ma, dicono, manca qualcosa. O per meglio dire, mi mancherà qualcosa. La loro musica infatti va accompagnata a dei video. Video in funzione della musica e viceversa. Insomma video che rappresentano la musica. Da qui l’idea di realizzarne uno per ogni pezzo. Citando spudoratamente film come Microcosmo e Faust. O affidando le loro percezioni all’obiettivo di Francesco Greco, giovane regista ragusano. La somma di tutto questo confluirà in un dvd. Partendo dall’idea che l’ascoltatore non può scindere le due cose. E a cui viene richiesta una partecipazione maggiore rispetto al solito cd da ascoltare magari in macchina. 
Si parla anche di collaborazioni. Come quella con Emiliano Cinquerrui (Dog a dog, Fondazione Falso) a cui è stato chiesto di declamare “Diario di una puttana”. 
Si parla anche del perché scrivere di un gruppo che sta praticamente ancora nascendo. 
Perché le idee ci sono. Sono tante e chiare, ma purtroppo vanno a collimare con una provincia come quella ragusana che è quasi totalmente priva di una cultura indie, piena di locali chiusi dentro logiche di mercato. Che mancano del coraggio per proporre musica del genere. Ma questo agli Io sembra non interessare. Almeno per il momento…




Commenti

  1. Bellissima recensione davver...

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  2. una sera di strazio una voce baritonale che cavalca le colline questo è quanto manca.....non v'è ragione di sconfortarsi se il tenore ha preso le ferie quando non doveva lo si può sempre rimetterlo in scena come un elephant man tanto la catastrofe è inevitabile su ogni fronte ipocrita-democratico dei consumati giorni a Clà perché non suoni e ... basta ?

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