Hugo Race, una vita all'insegna del rock - Intervista





di Sisco Montalto - Raccontare la storia di Hugo Race in poche righe sarebbe impossibile e riduttivo e comunque non riuscirebbe a far capire la magia che c’è dietro la sua esistenza (oltre che dietro la sua musica). Quindi non lo faccio e lascio che siano le sue parole in questa intensa intervista a dirvi chi è Hugo Race, a chi non lo conosce o a chi lo ha solo sentito nominare o a chi invece lo conosce bene e sa l’importanza che ha avuto e ha ancora nella musica, magari quella meno reclamizzata, ma di un certo spessore, quella fatta col cuore e con gli stimoli che vengono dalle mille esperienze, da mille volti incontrati e dalla vita di tutti i giorni, che persone come Hugo sanno continuamente cercare e rinnovare, quasi come un bisogno vitale…

-Sei un “pezzo” di storia del rock, hai girato tanto e suonato ovunque.  A che punto della tua carriera artistica, ma anche umana, ti senti?
“Non ti rendi mai conto di cosa sta accadendo mentre lo stai di fatto vivendo. Soltanto quando ti guardi alle spalle riesci a farti un'idea di dove fossi realmente. La mia vita è la mia musica e viceversa. Ho iniziato a scrivere della mia vita e della musica che ne è parte integrante dopo il primo viaggio in Mali con i Dirtmusic. E' stato cosi affascinante, ho sentito che dovevo mettere su carta ciò che ci era accaduto in Africa. 

In seguito quella storia è stata pubblicata in Australia ed ho ricevuto un sacco di feedback da parte di persone che dicevano di averla trovata una lettura interessante. Da allora ho scritto diversi report sull'essere on the road, dal Brasile ad esempio, e anche una storia su The Merola Matrix, come ci ritrovammo insieme, perchè, e cosa successe dopo. Al momento sto scrivendo una road trip story sull'Italia, a partire dal tour solista che ho intrapreso quest'estate, la quale include alcune osservazioni sulla politica ed altre di più ampio respiro, al di là del solo aspetto musicale. Credo di essere arrivato al punto di poter fare ciò che mi va di fare, e sto esplorando tutto, l'assurdo, il sublime e quello che vi si trova in mezzo.”

-Ami molto la Sicilia, sei un catanese d'adozione, alcuni tuoi ultimi lavori sono registrati qui, forse anche concepiti qui.  Quanto dell’Italia, di Catania, c’è in questi album?
“No But it's True è stato registrato a Catania con Cesare Basile, e, oltre a condividere la passione per i suoni acustici grezzi ed il vecchio e oscuro blues, Cesare e io abbiamo una storia in comune sin dal suo album Closet Meraviglia. C'è un sacco di feeling catanese in quest'album – il conflitto tra il romantico ed il brutale, un paradosso di tutti i giorni dell'Italia del sud... 

Il suono dell'album è influenzato da Zen Arcade, da tutta quella tipologia di strumenti realmente organici che vi ruota attorno, la chitarre siciliane costruite con le scatole di sigari, quelle vecchie, scassate, con le corde in acciaio, strani organi vintage... E poi l'atmosfera stessa della città, Catania è come se ti inghiottisse vivo per via della sua presenza cosi forte, la storia e il degrado sono tutt'intorno a te. Tutta la Sicilia ha questa specie di grandeur decadente con il suo sottobosco oscuro, e poi d'improvviso la luce – Corrado Vasquez ha girato il video di I'm on Fire sotto il ponte di un'autostrada abbandonata da qualche parte vicino Trapani... La Sicilia è un luogo che ha ancora un battito, un cuore, spezzato bisogna ammettere, ma in qualche modo ancora pulsante.”

-Cosa trovi qui che a quanto pare non riesci a trovare in altri posti pur avendo girato molto?
“La prima volta che venni in Sicilia avevo come l'impressione di esserci già stato in un'altra vita. Nessun altro posto mi fa sentire allo stesso modo. É abbastanza strano, e poi ho incontrato gente e girato e conosciuto il posto più approfonditamente....”

-Come è cambiata secondo te la musica in questi anni e come vedi, rispetto ad altri posti, la scena musicale italiana?
“La scena italiana è caratterizzata da musica straordinaria ed in continuo fermento, ma come accade ovunque c'è cosi tanto in giro che ci si può rendere conto solo di una piccola parte di essa. Il mondo in generale è in uno stato di flusso continuo ad ogni livello – politica, tecnologia, arte, clima, convinzioni, vita. La musica? Come è cambiata la scena? Molte più bands registrano i loro album in casa ed usano internet come veicolo per farsi conoscere. Milioni di canzoni che sgomitano per farsi strada lungo una banda larga di microonde radio. Le mode e i fenomeni del momento girano in cerchio orchestrati dai media. 

Le vendite dei dischi diminuiscono a causa del digitale, molti più musicisti on the road che suonano live. Reunions di band che avresti considerato inghiottite dalla storia. Repliche dei momenti d'oro, valanghe di nostalgia. Siamo in pieno postmodernismo, nella società dello spettacolo, ma i situazionalisti che lo avevano predetto negli anni sessanta sono già morti, molti di loro suicidi in un modo o nell'altro. La musica, come la scrittura, diventa qualcosa di serio se la segui per tutto il corso della tua vita. Una cosa è se lo fai per qualche anno a livello amatoriale, ma se vai oltre, al punto di arrivare faccia a faccia con te stesso, è una roba seria. Io seguo il mio sentiero personale cosi come si presenta ad ogni singolo istante. 

Non c'è nessun piano, nessuna mappa. Vedo ed ascolto continuamente delle cose interessanti nei momenti più inaspettati, allora si apre una porta e do un'occhiata all'interno. Musica incredibile viene creata ovunque, sempre. Dobbiamo essere noi a provarla e ad assimilarla, ma tutta nello stesso tempo, è impossibile.”

-Una curiosità:  cosa pensi dell'Arsenale e di quello che sta facendo? Anche se graviti attorno ad esso, penso che tu possa avere quel distacco e quell'esperienza tale da per poter dare una visione più "pura" e distaccata dell'idea Arsenale…
“L'Arsenale sta mettendo in moto parecchie cose  – eventi, dialogo, controversie – per scrollarsi di dosso la situazione culturale veramente statica e formalizzata della Sicilia. E' una grande idea, che si aspettava da tempo. L'Italia, culturalmente parlando, effettivamente non incoraggia l'iniziativa indipendente, di conseguenza si ha bisogno di qualcosa di radicale per frantumare il blocco burocratico di regolamenti riguardanti le licenze, le corporazioni musicali ed i monopoli di stato come la SIAE, il vecchio ordine fossilizzato. E in Sicilia ci sono una marea di spazi e luoghi che hanno bisogno di sangue fresco, di essere rivitalizzati, cambiati.”

- Hai avuto e hai ancora tanti progetti: è un modo per dare sfogo alle varie parti della tua anima rock, di musicista o cos’altro?
“Credo che non riuscirei a riposare mai se facessi una cosa alla volta semplicemente perchè ci sono tantissime cose che voglio fare. Ad esempio, con i Dirtmusic torneremo presto in Africa a registrare, esplorare la musica con i musicisti locali. Si può imparare tantissimo lì sulla musica, su un sacco di cose in realtà. 

Mi sto dedicando a dei progetti che mi portino fuori dalla mia zona, rimescolino la mia visione delle cose. Sepiatone ha un nuovo album che uscirà presto – io, Marta Collica, Giovanni Ferrario, Dade Mahony, Marco Franzoni. Lo abbiamo registrato nell'arco di 4 anni, quando ne avevamo il tempo, e ci sono un sacco di vibrazioni italiane su quest'album, Echoes On. Forse tutto ciò è in relazione con i differenti aspetti della mie psiche, tipo personalità multiple...”

- Gli ultimi due album  “Fatalists“e “No but it's True”, sono diversi come contenuti ma molto intimisti nell'approccio...
“Si, anche Between Hemispheres. Anche BKO dei Dirtmusic. Sono tutti albums composti da registrazioni live in studio. C'è giusto un po' di overdubbing, ma tutto ruota intorno alla performance, lo studio è stato settato per catturare quell'energia. La registrazione giusta è quella che è nel momento, nello spirito della cosa... E' un approccio old school ed in uno studio analogico crea scintille. Mi piace il suono grezzo, che porta alla luce le imperfezioni, più fedele possibile alla realtà, la voce umana, le unghie sulle corde di acciaio. E le canzoni sono molto dirette, scritte per essere suonate dal vivo, guardando la gente negli occhi.”

-L’idea  di registrare un disco di canzoni d’amore come ti è venuta?
“Un giorno mentre guidavo la macchina, realizzando che le più grandi canzoni sono inevitabilmente quelle d'amore. Ma non sempre in maniera ovvia... L'originale Never Say Never è fantastica come quasi tutti questi pezzi, la prima volta l'ho ascoltata tanto tempo fa, nell'82. Sono passati trent'anni dalla “new wave”! Queste canzoni sono diventate parte di una certa storia allo stesso modo, per me, di un classico come Cry Me A River. Non sempre tutti i pezzi hanno funzionato a seguito del trattamento che gli ho fatto, diversi pezzi sono stati scartati, e nel caso di I'm On Fire, abbiamo dovuto registrarla due volte, in momenti differenti, cercando di trovare il modo di alterarla drasticamente rispetto all'originale, ma senza perderne la potenza”

-“Fatalists” invece è un disco abbastanza cupo: quanto c’è di autobiografico?
“Beh, ultimamente credo sia tutto autobiografico, tutti gli album e le canzoni, nel senso che tutto proviene dalla mia esperienza, ma anche indirettamente, attraverso le vite delle altre persone. Non ho scritto Will You Wake Up o In The Pines, ma si inserivano perfettamente nella narrativa dell'album, e le altre canzoni erano tutti pezzi che avevo scritto per altri progetti, eccetto Slow Fry, in cui Antonio Gramentieri ha scritto la musica mentre il testo è arrivato in un secondo momento.

Credo che ciò che si può ascoltare su Fatalists sia legato all'atmosfera della mia vita in quel periodo, la lotta con la polmonite, una relazione finita, spostarsi tutto il tempo, tutte queste emozioni vi sono intessute all'interno. Con Antonio e Diego Sapignoli abbiamo completato il prossimo album dei Fatalists, che uscirà più avanti quest'anno, ed una volta ancora ci saranno delle registrazioni live ricavate dall'esperienza, il diario di un momento nel tempo”

-Credi che amore e inquietudini personali possano andare d'accordo? Come collochi l'amore nella tua vita e nella tua ispirazione artistica?
“L'amore e l'inquietudine esistono in parallelo perchè viviamo il gioco umano dell'emozione e dell'incertezza, a malapena possono essere separate. Come la vita e l'arte. Come si suol dire, tu, te stesso, sei tutto ciò che sta succedendo perchè senza di te, niente di ciò esisterebbe, se non altro non dal tuo punto di vista. C'è ispirazione ovunque ma bisogna discernere tra ciò che è rilevante per te e la situazione in cui ti trovi. Bisogna utilizzare qualsiasi strumento si abbia sotto mano. E' tutto un work in progress...”













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