di Paolo Finocchiaro
Commemorazione dei defunti, due
novembre (e quando se no?), è uscito il primo lp dei La Morte, per l’appunto
intitolato “La Morte” (Anemic Dracula & Corpoc). Progetto nato nei primi mesi
del duemila e dodici da un’idea di Giovanni
Succi (Madrigali Magri, Bachi Da Pietra) e Riccardo Gamondi (Uochi Toki).
Il Succi nel disco si occupa delle
voci, cioè del reading di un’antologia di brani (con tema guarda un po’: la carne, la malattia, la putrefazione, la
defecazione e sua signoria la Morte) recuperati con saggezza dalla miglior
letteratura occidentale, dal medioevo a oggi e caspita, c’è anche il nostro da
Todi Iacopone.
Il Gamondi, da parte sua,
con la maestria e il guizzo creativo di chi sa il mestiere suo, innalza, sposta, sventola glitch algidi,
polari; inalbera mari di suono, tesse bordoni, acquieta field recordings
ineffabili e trasparenti; i suoi
macchinari, il suo laptop si trasformano in vento, in tempesta, e in impeto. La
voce cupa e umana del Succi, dopo l’ascolto di questo “epitaffio” sonoro, si
fonde oscura in presagi, con l’ambiente sonoro del Gamondi e si amalgama come se
venisse a scandire dall’aldilà, parole dal profondo di uno stomaco scrutatore
di presagi sociali.
Appunto, La Morte. Essa è qui. E
qui? E’ tra di noi? Nella morte dei valori, delle ideologie, nella visione di
un Uomo Nuovo? L’uomo (l’omo!), colui
che ha l’unico destino comune a tutti, ma che non è condivisibile con nessuno.
Bè, non so, insinuazioni, divagazioni, prospetti.
A voi, la recensione mentale delle parole, di
questo crepuscolo in note e rumori, di tutto quello che volete. Siediti, pensa
al tuo cane e al tuo gatto morti da poco, pensa al lento esaurirsi delle cose,
in un pomeriggio freddo d’inverno; pensa, piangi, rifletti, alla Morte.
Indignati, fai qualcosa, che (forse) quando la Morte ti chiamerà, forse nessuno
protesterà.
Oltre il Succi e il
Gamondi, si dice (è vero) abbiano partecipato alla registrazione di questo
convivio musicale (decadente?), un ensemble di archi registrati nella cappella del cimitero comunale di Saludecio presso
Rimini (e dove se no?!). Ma c’è di
più, e credo sia seminale affinché l’album abbia un buon riscontro, l’artista
Veronica Azzinari ha immaginato e realizzato trenta copertine diverse, producendo
altrettante incisioni a secco,
riprodotte manualmente in serie di dieci stampe ciascuna, che rendono unica e
irripetibile (come la vita e la morte)
ogni singola confezione del
disco.
Ecco, tutto splendidamente originale
e, a tratti oscuro, ma insieme taumaturgico, come se
tutto il lavoro stesse ramificando un progetto di esorcizzazione dalla Morte
stessa.
E in alto i nostri vuoti:
La mea portadura se ià' 'n esta fossa;
cadut'è la carne, remase so' l'ossa
et onne gloria da me ss'è remossa
e d'onne miseria 'n me a rempletura».
La mea portadura se ià' 'n esta fossa;
cadut'è la carne, remase so' l'ossa
et onne gloria da me ss'è remossa
e d'onne miseria 'n me a rempletura».
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