di Salvatore La Cognata - L’esordio del cantautore valdostano Leon arriva dopo anni di intensa gavetta e lunga militanza nei vari gruppi rock della sua regione. Chilometri, canzoni, esibizioni live attraversando in lungo e in largo il nord ovest italiano, porteranno Leon all’incontro col produttore Pietro Foresti e alla realizzazione del suo primo album solista dal titolo provocatorio "Come se fossi Dio".
Le chitarre acustiche si mescolano alle macchine giocando quasi ad armi pari e delineano delle atmosfere notturne e riflessive, farcite da testi grondanti di disagio e malessere esistenziale. Così durante il nostro percorso si ha la sensazione di essere finiti in un calderone che contiene il pop con tentazione da classifica, atmosfere vagamente alla Depeche Mode secondo periodo, e un elettronica ipnotica e seducente. L’uso della lingua francese in alcuni brani puo’ anche riportare alla mente certe cose di Benjamin Biolay.
Il lavoro non è del tutto a fuoco e in alcuni punti mostra qualche segno di cedimento; qualche brano pende un po’ troppo dalla parte della prevedibilità e i testi risultano essere privi di guizzi particolari.
Da segnalare comunque le notevoli "Canto Notturno", "Immagini" e "Giorni di pioggia", che sono ben equilibrate e cariche di un perverso fascino dark. Una curiosità: c’e’ anche in chiusura una cover in lingua francese di Wicked game di Chris Isaak (sicuramente una perla per i feticisti). Un album che convince a metà e che fatica a decollare, ma lascia ottime speranze e margini di crescita per il futuro.
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