Live report - Gli Swans allo Zanne Festival (Catania 25 giugno 2013)



di Sisco Montalto - Trovarsi in una sera d'estate, in quella che una volta era definita la Seattle d'Italia, trovarsi in una dimensione che seppur in piccolo, emana quell'atmosfera dei festival del nord Europa, basterebbe già a farti  andare soddisfatto a dormire. A questo aggiungi un live, definito da alcuni memorabile, degli Swans,  una band che nel loro genere ha fatto storia..cosa volere di più..

I vecchi del noise (un simpatico Christoph Hahn, che con lap steel guitar ha fatto faville, tra la gente, guarda Herself che apre il loro live), che poi solo noise non è,  passati dagli  anni  80, 90, 00, ingrigiti ma ancora in gran forma, hanno tenuto i  fan più sfegatati (non tantissimi) e curiosi presenti al festival, sotto il  loro sound malato per quasi due ore.  L’ispirazione e la voglia di suonare, dopo essere tornati in auge, si percepisce fin da subito.

La scaletta è quella degli ultimi live in giro per l'Italia della band statunitense, in gran parte pezzi dell'ultimo album "The Seer", il manifesto degli Swans secondo molti. Sicuramente un'opera imponente che dal vivo suona  devastante, impetuosa e quasi barocca, rispetto all'album. Il concerto, come una processione pagana, tra psichedelia, noise più puro, punk,  sperimentalismo, un concentrato di arte e musica densissima,  avvolto da un alone cupo e mistico, ha catturato i presenti rapiti da loop ossessivi e sincopati. Brani interminabili, che perdono la solita regolarità tipica di un disco e si rarefanno nella serata fresca del Parco Gioeni.

Michael Gira, tiene la scena come un messia, rigido,  poco  disponibile verso fotografi e  pubblico, quasi a non perdere la concentrazione,  chiuso nella sua dimensione, con una voce ruggente, tetra  al punto giusto, usata come a rompere il muro sonoro creato dai cinque.  Poche parole ripetute come in un mantra,  a tratti agita le braccia con movimenti ipnotici che sanno di iniziazione. Thor Harris, un vichingo fuori tempo, cadenza (insieme allo storico Jonathan Kane) i lenti minuti del live che sembrano non arrivare mai all’exploit finale.  

L’esibizione finisce lasciando tutti sbalorditi e scioccati per un concerto che non è stato il solito concerto, ma qualcosa di catartico e unico.

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