Live report – Soviet Soviet (Catania, Barbara Disco Lab, 15 Marzo 2014)


di Gaetano Giudice - Sabato sera si ritorna al Barbara Disco Lab (per il Vomitaizer Party) per assistere al concerto dei Soviet Soviet, trio post punk pesarese composto da  Andrea Giometti (voce e basso), Alessandro Costantini (chitarra), Alessandro Ferri (batteria).
Gruppo parecchio chiaccherato negli ultimi tempi (specie all’estero). Citati da Simon Reynolds in ”Retromania”, notati dalla webzine "Pitchfork", tournèe in giro per il mondo (Messico, Europa dell’ Est, Stati Uniti), aprendo a band del calibro di A Place to Bury Strangers, P.I.L. Si potrebbe benissimo usare l’espressione “Nemo profeta in patria”, specie per quanto riguarda la prima fase della loro carriera. Nel Novembre del 2013, dopo svariati ep e split, viene pubblicato il loro primo album dal titolo Fate, uscito per l’etichetta americana "Felte".

Una fauna variegata per età e “appartenenza” affolla velocemente il locale, dagli adolescenti in tiro ai dark. Prima dell’inizio del concerto becchiamo in un angolo del locale i ragazzi della band che chiacchierano simpaticamente con chiunque gli si avvicini. 
Alle 12.30 circa il gruppo sale sul palco e impugna gli strumenti. Fin dalle prime note si lascia la Terra insieme ai nostri cosmonauti. È  un vagare nell’ Universo. Le coordinate spazio-temporali e la logica umana sono inutili per descrivere quel che accade durante il concerto. È un continuum vorticoso di suoni  riverberati ad alta velocità. Effetti come il chorus e il delay, largamente usati sia dalla chitarra che dal basso, rendono il tutto fluido ed etereo. Il cantante si dimena sul palco a scatti, come a dover schivare tempeste stellari. Non c’è una vera e propria sezione ritmica corposa, ma  gli strumenti si rincorrono tra loro senza sosta. 

Il pubblico fluttua sfiorandosi. Avvengono poche e brevi pause, rallentamenti strumentali, e poi riprese più spedite. Sotto il palco la danza ipnotica muta in un pogo al rallenty, causa assenza di gravità. Il cantante con voce aliena, ricordando Brian Molko, continua a roteare, buttarsi giù. La batteria non smette un attimo di essere incalzante. Con un finale sonico si spengono i motori della navicella. Siam ritornati sulla Terra.

La loro “space” wave è sicuramente figlia dell’Inghilterra degli anni ’80; allo stesso modo possono essere accostati a gruppi più recenti come i già citati A Place to Bury Stranger, JoyCut, gli altri gruppi wave di Pesaro come Brothers In Law, Be Forest

Se l’"Hacienda" esistesse ancora,  probabilmente accoglierebbe al suo interno la musica dei Soviet Soviet: un mix tra la cupezza dei Joy Division e i ritmi ballabili degli Happy Mondays

Ovviamente non si troverebbe a Manchester, ma tra Marte e Giove.


Scaletta:

Further
1990
Human
Ecstasy
Introspective Trip
Hidden
Lokomotiv
Aztec Aztec
White Details





Commenti