di Sisco Montalto - I Maybe I’m sono tornati e si confermano band tra le più originali in circolazione. Il nuovo disco dal titolo quasi impronunciabile - Bwa Kayman - riprende il nome di un antico rito voodoo dell'epoca schiavista in America. Tema evidentemente caro alla band, tanto da costituire l’impalcatura (e il senso stesso) dell’intero disco.
Bwa Kayman è un nome simbolico, che rende bene l'idea che i Maybe I’m avevano in mente con questo nuovo lavoro: mischiare improvvisazione, punk, blues sporco delle origini, sonorità afro, progressive, in un percorso sonoro purificatore. Il risultato è parecchio affascinante perchè il duo (anche se nel disco ci sono diverse guest) di Salerno riesce a creare interesse e originalità pur riproponendo generi straconosciuti.
Non c'è ricercatezza o eleganza particolare, si va dritti al punto in Bwa Kayman, fin dalle registrazioni fatte in presa diretta (e si sente); il lavoro così si presenta verace e vulcanico, grezzo, con brevi tratti di psichedelia e attimi harcore/postcore, fino ad arrivare a brani che sembrano proprio dei moderni (ma neanche tanto) riti mistici e ipnotici (vedi Tutto quello che Sai è Falso o Sele).
La voce, con la cadenza tipica dei rituali sacri o profani e l'uso quasi confuso di italiano, inglese e francese, rende il tutto ancora più marcato e surreale.
E' una cerimonia quella dei Maybe I'm, che si snoda per tutto l'arco del disco, facendo diventare l’album un concept vero e proprio..A smorzare l’atmosfera sofferente, quasi soffocante in alcuni episodi, entra irruento e fantasioso in otto pezzi (tra cui Education of Young Citizen, pezzo tra i migliori dell’intero album o Damballah Wedo), il sax di Andrea Caprara (Squarciacicatrici, Tsigoti).
I Maybe I’m ci regalano un gran bel disco, tra i migliori usciti in questo inizio 2014.
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