Bonnie "Prince" Billy - Singer's Grave a Sea of Tongues (Drag City, 23 Settembre 2014)





di Sisco Montalto - Seguire attentamente la carriera e le pubblicazioni di Bonnie “Prince” Billy è praticamente impossibile, non solo perchè il musicista statunitense è tra gli artisti (forse) più prolifici di sempre ma soprattutto per la sua inarrestabile sete di musica che lo ha portato negli anni a creare una serie di progetti paralleli, a incidere dischi sotto tantissimi pseudonimi (Palace, Palace Songs, Palace Brothers, Will Oldham) e intrecciare varie collaborazioni (da ricordare il duetto nel brano I see a Darkness, dell’omonimo album del 99, con Johnny Cash).

Probabilmente questa frenesia artistica non gli ha permesso di fare il salto di qualità definitivo che sicuramente meriterebbe; certo a lui non importerà molto di questo, se non altro perchè la sua idea di arte e di musica è perfettamente in linea col personaggio, schivo e tremendamente solitario; e i suoi fan lo hanno capito bene e così lo seguono con affetto permettendogli di continuare a sperimentare e fare quello che maggiormente lo rende soddisfatto.


Il suo ultimo album, Singer's Grave a Sea of Tongues, il quindicesimo, è arrivato in sordina, senza troppo clamore, come spesso accade quando di mezzo c'è BPB. E' un disco che riprende vecchi singoli e brani passati. Un'accurata quanto naturale (almeno così appare) selezione delle cose migliori scritte da Bonnie Prince. Solo due inediti a chiudere il disco: New Black Rich (Tusks) e Sailor’s Grave a Sea of Sheep, in perfetta linea con il resto del lavoro e tra i pezzi migliori dell’artista di Louisville.

In Singer's Grave a Sea of Tongues, l'artista ha rivisitato in maniera significativa  i brani riproposti, dimostrando maturità e intensa ispirazione. Protagonista è sempre il folk/country, diventato un marchio di fabbrica; è minore il senso di sonnolenza e di svogliatezza quasi urtante, che portava i lavori precedenti di Bonnie verso una linea piatta, a lungo andare. Adesso invece c'è una sorta di risveglio, sottolineato da accordi aggressivi, dall'abbandono di strumenti acustici e dall'utilizzo di vari suoni e strumenti (pedal steel, violini, banjo, cori).

Pezzi come Night Noises o So Far and Here We Are, che aprono il disco, acquistano nuova linfa e coinvolgono molto; anche quando si passa, a metà del disco, a tracce lente e intime, Singer's Grave a Sea of Tongues non perde fascino anzi, rispetto al passato le canzoni riescono a catturare riuscendo a disegnare diapositive, come farebbe la colonna sonora di un qualsiasi film ambientato nella profonda America. Del resto il sentore di America vera è sempre presente nello stile di BPB. 

Atmosfere ingiallite e crepate dal tempo si amalgamano perfettamente alla voce profonda di Bonnie e ai testi, fin dai titoli (vedi We Are Unhappy), impregnati di lucida solitudine e malinconica realtà. Un disco che fa intravedere la nuova verve di Bonnie “Prince” Billy.




Voto: ♫♫♫♫♫♫♫♫♫♫








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