di Sisco Montalto - I Siycamore Age, dopo il primo disco che aveva raccolto consensi non indifferenti, ci hanno preso gusto e fanno il bis. L’ultimo lavoro della band di Arezzo, Perfect Laughter, riesce nell’intento di fare un successivo passo avanti verso la consacrazione.
Perfect Laughter è un altro ottimo album, che dimostra la capacità della band di creare delle sonorità che non sono assolutamente etichettabili all’interno di un genere specifico e che proprio per questo riescono a toccare le corde di varie fette di pubblico.
La loro attitudine al prog, si mescola in questo ultimo lavoro, ad una moderna psichedelica dai contorni fortemente lisergici e creativi. Perfect Laughter è certamente uno dei lavoro più interessanti usciti recentemente…
In questa intervista i Sycamore Age si raccontano e parlano dell’ultimo disco Perfect Laughter
-Il progetto è nato come trio. Cosa vi ha portato poi all'attuale evoluzione?
"Una nostra naturale tendenza all’espansione, mossa a sua volta da un inguaribile curiosità e una bramosa, costante ricerca di un’irraggiungibile compiutezza. Oltre a ciò, durante le registrazioni del nostro primo album, abbiamo ospitato molti musicisti esterni per colorire ed arricchire gli arrangiamenti, con alcuni di questi si è da subito palesata un’empatia particolare, la quale in seguito ci ha fatto rimanere legati anche durante la fase successiva della preparazione del live. Adesso, sono tutti da considerarsi a pieno titolo membri della band."
"Non si fa! Si sbrocca! …anche abbastanza spesso. L’importante però è sapere ritrovare sempre la saggezza di rispettare ognuno i propri ruoli, basandosi su un profondo affetto e un gran rispetto reciproco e, non ultimo, il tenere sempre in primo piano il “progetto” Sycamore Age, cercando, ognuno, di tenere a bada il proprio ego... D’altra parte si sa, condividiamo il 99% del nostro patrimonio genetico con gli scimpanzé, non resta che prenderne atto con la maggior dose di buonsenso possibile…"
-Ho letto critiche molto positive sul vostro disco. Come nasce Perfect Laughter?
"Perfect Laughter nasce dalla volontà di continuare il percorso intrapreso con il nostro primo album eponimo. Allo stesso tempo però, ci intristiva un po’ l’idea di seguire la solita rotta. Oltre a ciò, eravamo abbastanza convinti che, tentare il bis del primo lavoro, non ci avrebbe portato affatto fortuna. Credo che ci sia stato di grande aiuto il nostro istinto giocoso e libero, sommato alla nostra onestà intellettuale, nonché, sicuramente, un pizzico di “fortuna”…
Fatto sta che, almeno dalla nostra modesta visuale, siamo riusciti a compiere una virata sufficientemente acuta, ma non troppo da farci abbandonare del tutto la nostra rotta iniziale."
-Ho la sensazione che portare live certe sonorità, riproporle il più fedelmente possibile al disco, non sia facile. Come vi rapportate con la dimensione live?
"Come abbiamo detto più volte crediamo fermamente che non si possa far finta di ignorare (come purtroppo fanno in molti) le evidenti inconciliabilità tra la dimensione studio e quella live. Nel nostro caso, vista la modalità intima, molto ragionata e stratificata che adottiamo in studio, il problema si fa ancora più forte.
Per questa ragione, quando andiamo ad affrontare il processo di metamorfosi tra il “bruco-studio” e la “farfalla-live”, ripartiamo praticamente da zero con gli arrangiamenti. A volte, come è accaduto con il disco precedente, un brano strumentale e può divenire un brano cantato con tanto di testo, altri brani invece (come esempio lampante c’è il vecchio singolo “Happy!!!”) non sono mai stati eseguiti dal vivo. Insomma, non c’è mai una regola, i brani, possono compiere tutte le mutazioni e assumere tutte le vesti che vogliono…l’unica cosa veramente importante per noi è che, alla fine, funzionino."
Per questa ragione, quando andiamo ad affrontare il processo di metamorfosi tra il “bruco-studio” e la “farfalla-live”, ripartiamo praticamente da zero con gli arrangiamenti. A volte, come è accaduto con il disco precedente, un brano strumentale e può divenire un brano cantato con tanto di testo, altri brani invece (come esempio lampante c’è il vecchio singolo “Happy!!!”) non sono mai stati eseguiti dal vivo. Insomma, non c’è mai una regola, i brani, possono compiere tutte le mutazioni e assumere tutte le vesti che vogliono…l’unica cosa veramente importante per noi è che, alla fine, funzionino."
-Nella vostra musica c'è un po' di tutto. Io ho ritrovato certe atmosfere alla Tame Impala o Unknown Mortal Orchestra (una sorta di neopsichedelia), miste ad una psichedelia anni 60. Il vostro approccio alla musica a quale delle due sponde potrebbe essere più vicino?
"Ci piacciono molto le due band che hai citato…soprattutto la prima!
Di certo siamo molto affezionati alla grande epopea della psichedelia, in tutti i suoi capitoli e, innegabilmente, spesso cediamo alla sue lusinghe.
Di contro, non identifichiamo nella psichedelia, vecchia o nuova che sia, il perno attorno al quale ruota il nostro sound. Nel processo che va dalla fase più embrionale dei brani, fino alle ultime rifiniture, ci apriamo a 360 gradi ad ogni genere musicale possibile, del passato o del presente.
Ci piace attingere allo stile dei grandi della storia della “sound track” italiana come Rota o Morricone; ci piace citare e omaggiare l’era del buon “prog” italiano; adoriamo riproporre tinte simboliste, espressioniste, o dei grandi del nostro rinascimento come Monteverdi o Gesualdo da Venosa; sottolineando inoltre che, onnipresenti in ogni momento creativo, ci sono sempre i soliti grandi Beatles. A proposito dei Beatles, vorrei dire di più: di loro è stato usato e riciclato tutto… proprio come si fa con il maiale, del quale come si dice “non si butta via niente”…
In realtà, c’è una sola grande peculiarità dei “quattro di Liverpool” alla quale, nel tempo, ci si è ispirati davvero pochissimo: una cosciente e spalancata incoerenza e una proficua discontinuità totale tra un brano e un altro, il fregarsene totalmente di ogni schema, inserendo nel solito album brani come “Obladi oblada” e “Revolution 9”. Ecco, questa che abbiamo appena citato, è la vera base fondante del nostro sound…tutto il resto è da considerarsi secondario."
Ci piace attingere allo stile dei grandi della storia della “sound track” italiana come Rota o Morricone; ci piace citare e omaggiare l’era del buon “prog” italiano; adoriamo riproporre tinte simboliste, espressioniste, o dei grandi del nostro rinascimento come Monteverdi o Gesualdo da Venosa; sottolineando inoltre che, onnipresenti in ogni momento creativo, ci sono sempre i soliti grandi Beatles. A proposito dei Beatles, vorrei dire di più: di loro è stato usato e riciclato tutto… proprio come si fa con il maiale, del quale come si dice “non si butta via niente”…
In realtà, c’è una sola grande peculiarità dei “quattro di Liverpool” alla quale, nel tempo, ci si è ispirati davvero pochissimo: una cosciente e spalancata incoerenza e una proficua discontinuità totale tra un brano e un altro, il fregarsene totalmente di ogni schema, inserendo nel solito album brani come “Obladi oblada” e “Revolution 9”. Ecco, questa che abbiamo appena citato, è la vera base fondante del nostro sound…tutto il resto è da considerarsi secondario."
-Quanto è difficile in quest'epoca essere una band sperimentale che comunque non va dietro certe mode?
"Guarda, come ho già detto in un’altra intervista, in quest’epoca in cui i dischi non si vendono più, ha senz’altro molto più senso fare musica “sperimentale”, distribuita in poche copie, in edizione limitata e magari anche personalizzata pezzo per pezzo; piuttosto che rincorrere la chimera di un mercato che non c’è più, e che forse non si riprenderà mai, magari facendo pure musica stupida o inutile…voi che ne dite???!!!
Noi non ci definiamo una band sperimentale, questo vorrebbe dire avere la pretesa di essere molto avanti, oltre la cresta dell’onda. Allo stesso tempo però, crediamo che seguire le mode voglia dire, al contrario, rimanere troppo indietro. Se una moda esiste già, vuole dire che c’è già stato qualcuno che ha creato un “mood” artistico prima di te, all’interno del quale tu puoi al massimo ritagliarti il tuo spazietto. Noi cerchiamo piuttosto di muoverci in un territorio di confine, una “zona franca” dell’arte, in cui non ci sono Dei da venerare e nessuno è profeta."
-Ultima domanda: Dove e come si vedono i Sycamore age tra qualche anno?
"La nostra unica missione è quella di fare musica, intellettualmente onesta, che si esprima in un linguaggio il più possibile originale, per emozionarci e, al tempo stesso, per cercare di trasmettere questa nostra emozione ad un numero di anime il più vasto possibile…mi auguro che ci troveremo a fare esattamente la stessa cosa finché ci saremo…non chiediamo di più…"
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