Live Report - Afterhours (Ragusa, Castello di Donnafugata, 12 Agosto 2016)










di Sisco Montalto - Gli Afterhours sono forse l'unica rock band italiana ad aver creato un ponte tra l'alternative, rimasto puro e quello che si è contaminato, mischiato con quel mondo che fa capo al mainstream ma che prima di arrivare ad esso, tocca una serie di tappe che rappresentano la massificazione della musica.

La band di Manuel Agnelli è rimasta a metà di quel percorso, con grande intelligenza; e si vede dal pubblico moderatamente eterogeneo presente ai concerti. Così, anche se da qualche tempo nutro dei dubbi sul percorso seguito dagli Afterhours, decido lo stesso di andarli a rivedere a distanza di quattro (più o meno) anni. L'ultima volta, era il tempo di Padania, non mi avevano proprio convinto. Un po' il disco, non certo tra i migliori della band, un po' la fiacchezza e la stanchezza che avevano trasmesso dal palco, mi avevano deluso definitivamente. 

(Volendo essere pignoli) A Ragusa, nella suggestiva location del Castello di Donnafugata, gli Afterhours tornavano dopo circa 20 anni dalla prima apparizione in un piccolo locale della cittadina iblea, quando ancora giovani e sconosciuti avevano fatto innamorare molti dei ragusani rock, con sonorità grezze e un cantato in inglese, rappresentavano l'embrione di quello che sarebbero diventati di li a poco. Quella esibizione è rimasta nella memoria dei ragusani presenti, che ad ogni occasione la raccontano con orgoglio. Ma bando ai ricordi, mi butto nella narrazione della serata. 
Il live è previsto per le 22 e in effetti i tempi sono rispettati.

Sul palco irrompe la voce vigorosa e chiara di Manuel Agnelli, solo con chitarra, in gran tiro apre il concerto con il nuovo brano, dall'ultimo album Folfiri o Folfox, Grande. Pezzo intimo a tratti struggente, che rappresenta bene il nuovo disco della band. Nel frattempo entra in scena tutta la formazione al completo. Si passa subito a Ti cambia il sapore, seguita da Il mio popolo si fa, energico brano che dimostra il vigore delle sonorità presenti nel nuovo disco, sicuramente intenso e ricco dal quel punto di vista (forse meno per quel che riguarda la bellezza dei testi). Manuel Agnelli sembra concentrato e non lascia molti spazi tra una brano e l'altro. 

Con Non voglio ritrovare il tuo nome, si chiude (momentaneamente) lo spazio per i nuovi brani. E' un pezzo di riflessione che cattura forse più dal vivo che in disco. La voce di Agnelli è roca e potente al punto giusto ma anche gli altri non sfigurano affatto, a cominciare da Xabier Iriondo, che dimostra ancora una volta di essere un grande personaggio oltre che un folle sperimentatore. Ma del resto sono tutti ispiratissimi e gli intermezzi musicali (a tratti al limite dell'hard rock) fanno ben capire la potenza di fuoco di una band, che dopo momenti difficili, ha ritrovato un nuovo equilibrio (con il virtuosismo di Stefano Pilia e Fabio Rondanini) e una nuova linfa vitale, che si è riversata interamente sulla produzione del nuovo album. 

Tutto funziona alla perfezione (tranne l'audio abbastanza da rivedere della location) e quando arrivano i primi classici come Ballata per la mia piccola iena, Varanasi baby e La vedova bianca, rinfrescati nelle sonorità (ricche di nuovi ghirigori sonori) il palco esplode letteralmente e il pubblico scoppia in un entusiasmo coinvolgente. Ritorna il nuovo con Se io fossi il giudice e le sonorità rabbiose di Tra i non viventi vivremo noi

Poi Padania torna indietro nel tempo ma ha un gusto nuovo, affascinante rispetto al passato. Sarà l'introduzione di Agnelli, che invita a combattere per i propri obiettivi, sarà la grande verve che la band dimostra, ma tutto sembra stimolante. Col breve classicone Male di miele, anche il pubblico più distratto, venuto al castello più per farsi una chiacchierata (costosa) in piazza con sottofondo musicale, comincia a saltare e cantare. 

Dopo la classica pausa gli Afterhours tornano in scena con Se io fossi giudice, la vecchia Riprendere Berlino e una versione di Strategie fortemente coinvolgente. Quello che non c’è e Bye bye Bombay, chiudono una serata da ricordare, ricca di scintille, di virtuosismi sonori, di rock duro e puro e di tanta sperimentazione. Il palco rimane vuoto ma pieno ancora della carica sonora di Iriondo, Dell'Era, D'Erasmo, Rondanini, Pilia e Agnelli

Gli Afterhours alla fine si dimostrano ancora vivi e con tanta voglia di suonare, prima di tutto. E Ragusa, per quasi due ore, viene scossa dal torpore (estivo) che ogni volta la attanaglia.






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