Margherita Zanin - Zanin (Platform Music, 2016)








di Sisco Montalto - Dopo aver ascoltato il primo album di Margherita Zanin, lo scetticismo iniziale che avevo è immediatamente passato.

Scetticismo dovuto al fatto che la Zanin nel rincorrere il proprio sogno è, come molti giovani negli ultimi anni, passata dal gran circo mediatico di Amici. Non sto qui ad elencare le cose che dei talent musicali (alcuni in particolare) mi infastidiscono ma certamente una su tutte è la mancanza (il più delle volte) di personalità, di chi dai talent passa per essere istruito a dover interpretare e saper stare sul palco, tralasciando altri aspetti fondamentali. Così poi escono fuori personaggi dal forte appeal solo per bimbi delle scuole medie. Invece la Zanin con tutto questo non ha nulla a che fare. Nel disco d'esordio, omonimo, lo dimostra sin da subito. Il suo è un lavoro che trasmette molta personalità. 

Le sonorità sono rigorosamente vintage, dal sapore blues. La Zanin (sicuramente con il prezioso aiuto di Roberto Costa, già produttore di Lucio Dalla, Luca Carboni) ha costruito un album di spessore, di musica non certamente da mercato o da singola hit ma un lavoro completo, che pur strizzando l'occhio alla melodia, che può rimanere in testa, non cade mai nella facile tentazione di creare un prodotto effimero. 

Sicuramente Margherita Zanin è naturalmente incline alla canzone cantata in inglese, sia per stile che per emozioni trasmesse. I brani in inglese infatti sono i migliori del disco. Invece  Piove, unico brano inedito in italiano, perde molto dell'atmosfera e del fascino che il resto dei pezzi trasmettono da subito. Meglio la cover di Generale, ma è chiaro che in quel caso siamo su ben altri livelli.





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