Live Report - Ypsigrock Festival (Castelbuono,11 - 12 - 13 Agosto 2017)




Foto: Nina Della Santa



di Sisco Montalto - L'Ypsigrock, uno dei festival probabilmente più longevi d'Italia (ma a memoria anche esteri), ha  da qualche giorno chiuso la ventunesima edizione.  Come ogni anno lascia una scia di entusiasmo tra chi c'è stato, anche solo per una sera. La prima sensazione, non appena arrivi e ti avvicini al Festival, è proprio quella di una scoperta, graduale e lenta, che passa dal raggiungere luoghi arroccati tra le colline, sconosciuti o quasi ai più, ma non certo per la poca bellezza. Quando poi si arriva a Castelbuono tutto diventa chiaro e a darti il benvenuto è immediatamente una atmosfera unica nel suo genere, un misto di colori, di immagini, difficili da spiegare e quasi surreali. Sembra di stare ad una delle tante feste o sagre tipiche di piccoli luoghi come ce ne sono tanti in Sicilia: bancarelle di dolciumi o palloncini, bar pieni di gente e di cibo, botteghe con prodotti tipici, case antiche e strade strette. Persone anziane e famiglie con passeggini al seguito e gli  immancabili personaggi caratteristici di ogni paese, che tra un saluto e uno scambio di battute ti indicano la via da seguire per il prossimo live, mentre loro rimangono seduti al solito bar, come ogni giorno. E poi, ad un certo punto, metti a fuoco e cominci a notare centinaia di ragazzi dai look più disparati e mentre cammini ti sfiora il tipo un tantino eccentrico che stona decisamente col posto, per poi scoprire che fa parte di qualche band che si esibirà da lì a poco. E così è un susseguirsi di tante situazioni apparentemente contrastanti tra loro che però in quella cornice sono diventate consuetudine. 

La line up di Ypsigrok 2017 è come sempre ricca. Potremmo prendere come punti di riferimento assoluti, per varie ragioni, da una parte i Ride, che hanno chiuso magistralmente la prima serata del festival, e i Beach House, che hanno chiuso l'ultima. Nel mezzo una serie di band, più o meno note, tutte di nicchia e qualche forte sorpresa. Tra tutti, gli olandesi  Klangstof, che sull’Ypsi & Love Stage, nel pomeriggio dell'ultimo giorno, hanno portato il sound che li contraddistingue: un equilibrato noise elettro rock, maturo e divertente. Come divertenti e solari sono stati anche loro, in una continua interazione con il pubblico.

Foto: Nina Della Santa
Ad aprire la prima serata, oltre ad un delicata pioggia, sul  famoso e caratteristico main stage ai piedi del Castello, ci pensano i Cabbage. Band dal tipico nome indie pop, che mi spiazza subito fin dal soundcheck per energia e animo rock.  Gli inglesi, nonostante siano insieme solo dal 2015, si dimostrano molto consapevoli. Il loro sound è sboccato e sincero. Un rock grezzo, reso divertente dallo stile nevrotico di Lee Broadbent che sul palco, in pantaloncini da calcio, maglietta bianca e scarpe da ginnastica, si dimena cantando in maniera sghemba ma travolgente (lo incontrerò poco dopo mentre viene tirato verso il bagno da suo figlio).

Foto: Nina Della Santa
I Preoccupations riescono invece a rendere diversa la serata. La band canadese parte quasi in sordina, dando l'impressione di proporre il solito sound indie revival (vedi Joy Division), ma improvvisamente arriva la virata creativa che sconvolge tutto: le trame sonore si fanno più complesse, variegate e imprevedibili. Si viene continuamente spiazzati da un suono corposo, a tratti ossessivo, che lascia spazio a momenti di melodia mai del tutto pop. Una vitalità musicale che fa a botte con le loro preoccupazioni e il modo ordinato di stare sul palco. Solo il biondo Mike Wallace regala una esibizione (alla batteria) scatenata quanto impeccabile, tenendo il ritmo sempre alto e non perdendo minimamente un colpo.

Foto: Nina Della Santa
Dopo essere stati scossi a dovere dai Preoccupations, l’attesa sembra essere finalmente finita quando si alza il backdrop con la grande scritta Ride. Il sogno di rivedere insieme e dal vivo una delle band storiche dello shoegaze si materializza. Andy Bell, Mark Gardener e compagni fanno capire subito di essere in splendida forma. Del resto il loro percorso si era interrotto bruscamente ormai troppi anni fa. Il loro impatto sonoro investe subito il pubblico, che, prima quasi stordito, si lascia poi, brano dopo brano, rapire da nuove e vecchie melodie che dal vivo rinascono dalla polvere, luccicando nella notte di Castelbuono. Lannoy Point, Seagull, Unfamiliar, Leave Them All Behind, scorrono  in un alternarsi tra passato e presente che non lascia spazio a dubbi. La loro è una esibizione perfetta, di una band che sembra essersi riunita solo per dar corso ad una passione difficile da reprimere. Dopo un classico bis tutto finisce e anche il caldo umido della prima sera di Ypsigrock lascia spazio ad una fresca notte.

La seconda serata in cartello rende omaggio all’elettronica e alla voglia di scatenarsi di Christaux, progetto italiano dalle buone idee (e splendidamente recensito in giro per il web), che deve forse ancora trovare una identità definitiva e che dal vivo alla fine ti lascia il dubbio di aver ascoltato la reincarnazione in chiave elettronica di una Patty Smith svecchiata dall’artista milanese.

Foto: Nina Della Santa
A ritrovare la strada del rock ci pensano invece i Beak. Il progetto di Geoff Barrow mette insieme l’elettronica analogica con atmosfere anni 70. Un trio sorprendente, che dal vivo ripropone vari brani dai loro due album.  Tra gli altri Eggdog, Yatton, Wulfstan II, racchiudono probabilmente l’essenza sperimentale, acida e vintage dei Beak. Un eccellente groove e una ombrosità latente che dal vivo rende ancora di più che in disco. Un esempio di polistrumentisti che, in maniera essenziale, riesce a coinvolgere una piazza che nel frattempo si è riempita. Il resto scorre via tra l’hip pop danzereccio del rapper Rejjie Snow e le ritmiche più tese e psichedeliche del duo tedesco Digitalism, che ha fatto scatenare il pubblico in un tripudio di dance punk dalle varie sfaccettature.

L’attesa per l’ultima sera è tutta per i Beach House. L’entusiasmo della gente non sembra essere diminuito. Detto dei Klangstof, rivelazione assoluta del pomeriggio Ypsino, alle prime luci della sera tocca a Edda intrattenere una manciata di persone dai gusti più ricercati. 
Alle 21 sul Main stage inizia lo spettacolo e ad aprire le danze ci pensano i Car Seat Headrest. La band, originaria della Virginia, non sposta più di tanto gli equilibri del festival. Il loro è il tipico sound indie rock americano, con qualche sprazzo di accennato songwriting lo fi e una attitudine che ricorda più di una volta e nella voce svogliata di Will Toledo i più famosi Strokes. 
Altra band attesissima i Cigarettes After Sex, che salgono sul palco quando ormai le luci della sera sono calate su Piazza Castello. Loro sono la rivelazione degli ultimi tempi, che fa impazzire orde di giovani (e qualche meno giovane). Li aspettavo curioso di confermare o smentire il mio scetticismo sulla band americana. La loro esibizione è compostissima. Mai una sbavatura o una melodia fuori posto. Ed è subito un tripudio di telefonini a luccicare nell’oscurità e qualche nostalgico con l’accendino.  Un sound ambient, con venature romantiche e ammiccanti che scaldano i cuori dei presenti.  Un po' meno il mio e dopo il terzo brano comincio a sbadigliare, pensando a cosa ci sia stato prima della sigaretta... I Cigarettes After Sex alla fine confermano anche dal vivo quello che molti critici rimproverano loro e cioè una eccessiva uniformità sonora, che rende l’ascolto del disco, così come le esibizioni dal vivo, piatte. Ma sono solo gusti personali.


Foto: Nina Della Santa
Manca ormai poco all’esibizione dei BH, allora scendo dalle rampe del Castello, cerco il punto perfetto per gustarmi l’esibizione e guardando da giù a su mi accorgo che la piazza è piena zeppa di gente di ogni tipo, tutti lì a godere di una festa di paese. Alle 12 in punto, appaiono sul palco, avvolti da un fumo denso e luci in penombra, Victoria Legrand e Alex Scally. Si entra delicatamente nel vivo del live con Lievitation e Wild, accompagnati dalla voce soave di Victoria. Una presenza che ammalia, con gesti nevrotici che trascinano insieme alle ritmiche in una dimensione psichedelica senza tempo. La scaletta è un mix perfetto di brani pescati tra i sei album del duo statunitense, con un occhio particolare ai vecchi pezzi. Un' esibizione magistrale, tra luci in chiaro scuro e un cielo stellato dietro di loro. Un' ora e mezza densa di emozioni, che vola via lasciando la voglia di rimanere lì ad ascoltarli ancora per ore. 

Così si chiude il sipario sulla ventunesima edizione dell’Ypsigrock. Tre giorni di sospensione dal tempo e dalla quotidianità, una esperienza particolare che trascende anche l’aspetto musicale, se vogliamo. Quello che lascia stupefatti è l’impeccabile organizzazione, studiata nei dettagli e senza nessuna sbavatura. E anche il pubblico sembra essersi adattato alla perfezione ad un festival che è riuscito negli anni a diventare il simbolo di un modo di pensare, e di mettersi in gioco, diverso da quello a cui ci si è abituati da queste parti. Per chi poi, come me, viene da una piccola realtà di paese simile in qualche modo a Castelbuono, vedere il rock internazionale mescolarsi e fondersi con la comunità del posto è qualcosa di magico e impensabile, se non lo vedi di persona

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